La Sibilla è una figura esistita realmente nell’antichità. Essa faceva parte della cultura sia greca che romana. Le sibille erano fanciulle vergini, ispirate da divinità sagge e potenti come Apollo. Dal dio del sole e della musica erano solite prendere responsi, il cui significato appariva spesso e volentieri oscuro od ambivalente. Le sibille potevano essere facilmente trovate in alcuni luoghi del Mar Mediterraneo: Asia Minore, Grecia, Africa, ma anche Italia (Sicilia e resto della Magna Grecia). Una delle più famose nella letteratura antica, è senza dubbio quella Cumana. Dal II secolo, la figura della Sibilla si sviluppò anche presso gli ambienti ebraici di cultura romana, i loro responsi erano qui interpretati perlopiù, come anticipazioni dell’avvento del Messia. Qualche secolo dopo, la cultura cristiana vide anche nei responsi delle sibille pagane lontani preannunci della venuta di Gesù Cristo.
Etimologia
Ancora incerta l’etimologia del nome. Secondo Varrone, il termine Sibilla potrebbe significare: “La volontà, la deliberazione del dio”. Esiste anche un’altra forma, molto suggestiva: Sybulam (Avvertimento di Dio). Purtroppo tale forma è errata e si ritrova solo su alcuni manoscritti medioevali. In tempi antichi, Sibilla era un nome proprio di persona. In tal modo doveva chiamarsi anche la Sibilla Libica, come ci è testimoniato dallo storico Pausania, autore della Geografia. Pausania prende spunto da Euripide e da un gioco di parole palindromo SibylLybis. Il celebre tragediografo avrebbe usato tale anagramma in un’opera purtroppo perduta, La Lamia.
Mitologia greco-romana
I greci e i romani avevano l’idea della Sibilla come una donna vergine, giovane o decrepita che fosse, il cui compito era fare da intermediaria tra l’uomo e gli dei, dando utili responsi riguardo il futuro. Esse svolgevano la loro attività mistica in uno stato di trance. Le sibille profetizzavano attraverso alcune foglie che, sparpagliandosi, davano origine ad oracoli talvolta vani ed incomprensibili. Proprio per questo tali profetesse erano solite interpretare a loro piacimento i responsi. Queste donne erano molto rispettate e riverite nella società ellenica e romana, in quanto riuscivano ad interpretare parti oscure del destino umano, che neanche i riti e sacrifici consuetudinari avevano il potere di risolvere. Il filosofo Platone, allievo prediletto di Socrate, cita solamente una Sibilla nei suoi scritti. Lo scrittore romano Marco Terenzio Varrone ne conta ben 10, ossia: Persica, Libica, Delfica, Cimmeria, Eritrea, Samia, Cumana, Ellespontica, Frigia e Tiburtina.
La Sibilla è una figura analoga alla Pizia dell’oracolo di Delfi. Nonostante la verginità sia un elemento fondamentale per tali donne, non si esclude talvolta l’unione sessuale tra la Sibilla e la divinità che ovviamente prediligeva donne caste e pure. La Sibilla veniva poi ingravidata da Apollo con lo spirito dell’oracolo che esternava ai mortali. Abbiamo menzionato le pizie delfiche, una delle più famose è la principessa Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba, che nonostante la sua bravura, non era creduta da nessuno. Le pizie prendevano il loro nome da Apollo Pizio, ossia Apollo nelle vesti di uccisore del serpente Pitone, del quale aveva preso il posto come guardiano del santuario di Delfi. Torniamo però all’argomento principale del nostro articolo, le Sibille. Quando esse vaticinavano, raccoglievano ogni loro oracolo, andando infine a creare veri e propri libri. Se la Sibilla era solita parlare in prima persona durante il responso, la Pizia invece profetava in stato di estasi, posseduta da Apollo. Quando la Pizia vaticinava in prima persona, significa che a parlare realmente, era la stessa divinità.
La Sibilla nella storia
Uno dei primi a parlare delle sibille come creature prettamente mitologiche fu Eraclito di Efeso, in seguito ricordiamo il tragediografo Euripide, il commediografo Aristofane ed il filosofo Platone. La Sibilla iniziò a moltiplicarsi sempre di più nelle varie tradizioni locali, grazie anche allo spostamento della civiltà ionica nel bacino del Mediterraneo. Secondo il cristiano Lattanzio, le sibille erano sì ispirate, ma dall’unico e vero Dio.
Le dieci sibille varroniane
Varrone creò una lista di 10 sibille. La prima menzionata è Persica, che fu in seguito identificata con Caldea. Libica è la seconda e prende il nome dal suo luogo di origine, la Libia. Essa sarebbe menzionata nella Lamia di Euripide. La terza è Delfica del santuario di Delfi. Essa è menzionata da Crisippo nella sua opera “Sulla Divinazione”. Eraclide Pontico parla invece di una Sibilla frigia presso il Santuario di Delfi, chiamata Artemide. La quarta ha origini italiche ed è Cimmeria. Ne parla Nevio nel suo Bellum Poenicum e Pisone nella sua opera Annales. La quinta è Eritrea, definita da Apollodoro di Eritre come sua compatriota. La sesta è Samia, menzionata da Eratostene. La settima è Cumana, della città di Cuma, i cui abitanti fondarono Partenope, l’odierna Napoli. L’ottava è Ellespontina, nata nella città di Marpesso. La nona è Frigia detta anche Cassandra. Infine la decima è Tiburtina, originaria di Tivoli.